La missione Comet Interceptor

Comet Interceptor (CI), è una missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), in collaborazione la giapponese JAXA, attualmente in fase di progettazione. L’ESA in passato ha già lanciato le missioni Giotto e Rosetta per lo studio delle comete Halley e 67P/Churyumov-Gerasimenko, ma si trattava di comete ben note e relativamente evolute, con spessi strati di polvere sulla superficie che isolano i materiali volatili che si trovano all’interno. Rispetto a Giotto e Rosetta Comet Interceptor presenta delle importanti novità. In primo luogo l’obbiettivo della missione non sarà una cometa periodica, ma una cometa dinamicamente nuova o DNC (Dynamically-New Comet), oppure – ancora meglio – verso una nuova cometa interstellare simile alla 2I/Borisov. Il target della CI sarà una cometa che proverrà direttamente dalla nube di Oort (o dallo spazio interstellare), senza avere mai interagito con i pianeti del Sistema Solare: si tratterà quindi di una cometa incontaminata, con ghiaccio e volatili superficiali che risalgono direttamente alla formazione del Sistema Solare. Queste comete vengono solitamente individuate con un limitato anticipo rispetto al tempo del passaggio al perielio, lasciando poco spazio per pianificare e lanciare una missione spaziale ad hoc. Per questo motivo il lancio di Comet Interceptor avverrà in anticipo rispetto all’individuazione del target: la missione avrà destinazione provvisoria il Punto di Lagrange L2 del sistema Sole-Terra, che si trova a 1,5 milioni di chilometri “dietro” la Terra vista dal Sole. Qui resterà in attesa fino a fare il flyby verso la prima DNC adatta.

Figura 1 – I piccoli corpi che si trovano nella periferia del Sistema Solare sono oggetti poco evoluti perché non hanno a disposizione sorgenti di energia (come il calore solare). A mano a mano che ci si avvicina al Sole l’evoluzione termica diventa progressivamente più importante, da qui l’idea di studiare una cometa dinamicamente nuova per avere dati su un corpo il più possibile primordiale (Tratto da: M. Bannister, Architecture and technology challenges of the Comet Interceptor Mission, Horizon 2061 Workshop, 11-13 settembre 2019, Tolosa, Francia).

Un’architettura con sonde multiple

La missione Comet Interceptor non sarà costituita da un’unica sonda, al contrario è composta da ben tre veicoli spaziali. I tre moduli viaggeranno insieme e si separeranno solo poche settimane prima di incontrare la cometa. Ogni modulo sarà dotato di un carico utile scientifico complementare agli altri, in modo da fornire diverse prospettive del nucleo e della chioma di gas, polveri e plasma. La sonda principale (A), sarà costruita dall’ESA e passerà a circa 1000 km dal nucleo ossia a una distanza di sicurezza, in modo da minimizzare la probabilità di collisione con i meteoroidi della chioma. La sonda A avrà un carico scientifico minimo, giusto per garantire il successo della missione nel caso gli altri due moduli falliscano. In realtà il compito principale di A sarà assicurare la propulsione e le comunicazioni con gli altri moduli. Il modulo B1 (costruito dalla JAXA), avrà il compito di studiare la chioma interna della cometa, mentre il modulo B2 (costruito dall’ESA), avrà come obiettivo il nucleo della cometa. Le misurazioni, fatte da diversi punti dello spazio, miglioreranno notevolmente le informazioni necessarie per comprendere la dinamica in 3D di una cometa mentre interagisce – per la prima volta – con la radiazione e il vento solare. La suite di strumenti della missione attingerà all’eredità di altre missioni, ad esempio una delle telecamere sarà basata su quella attualmente in volo sull’ExoMars Trace Gas Orbiter, mentre lo spettrometro di massa sarà come quello che ha volato sulla missione Rosetta. Considerato il parcheggio in L2, Comet Interceptor farà il flyby con il target quando si troverà a circa 1 UA dal Sole e sul piano dell’Eclittica, quindi non tutte le DNC sono adatte, dipenderà fortemente dall’orbita percorsa. Presumibilmente il flyby avverrà a velocità relative elevate (comprese fra 20 e 80 km/s), quindi il tempo a disposizione per l’analisi della cometa sarà limitato, un po’ come è successo alla missione Giotto con lo storico flyby con la cometa di Halley, avvenuto il 13 marzo 1986. Proprio come la Giotto, le sonde avranno degli scudi per schermarle dagli impatti ad alta velocità con le particelle di polvere della chioma.

Figura 2 – Schema che mostra la separazione dei moduli A, B1 e B2 della missione Comet Interceptor (Tratto da: M. Bannister, Architecture and technology challenges of the Comet Interceptor Mission, Horizon 2061 Workshop, 11-13 settembre 2019, Tolosa, Francia).

Una missione di classe F

Comet Interceptor è una missione “veloce” ossia di classe F, anzi è la prima di questa nuova categoria introdotta dall’ESA. Il “veloce” si riferisce al tempo di implementazione, con una durata totale che va dalla selezione al lancio di circa otto anni. Le missioni di classe F hanno anche una massa al lancio inferiore ai 1000 kg e condividono il viaggio nello spazio fino a L2 con una missione di classe media, sfruttando lo spazio aggiuntivo presente nel lanciatore. Comet Interceptor è stata selezionata dell’ESA il 20 giugno 2019 e sarà lanciata nel 2028 insieme alla sonda spaziale Ariel, che avrà come obiettivo lo studio degli esopianeti. Entrambe le missioni saranno portate in L2 e da lì CI – diventata finalmente autonoma – sarà diretta verso l’obiettivo scelto utilizzando il proprio sistema di propulsione. Il tempo di attesa massimo in L2 sarà di circa 3 anni per contenere i costi della missione. Qualora non fosse possibile raggiungere una cometa DNC, la missione potrà essere reindirizzata verso una cometa a breve periodo già nota.

Figura 3 – Il logo della missione Comet Interceptor, le 3 linee rappresentano le 3 sonde che costituiscono la missione (A=arancione, B1=blu, B2=rosso).

Possiamo aiutare Comet Interceptor?

Di solito i nuclei cometari diventano attivi – ossia espellono nello spazio gas e polveri – quando si trovano al di sotto della linea della neve che, nel Sistema Solare, vale circa 2,8 AU (420 milioni di km). A questa distanza eliocentrica un nucleo cometario scuro raggiunge una temperatura superficiale di circa -100 °C, la sublimazione del ghiaccio d’acqua va a regime e si forma la chioma della cometa, con dimensioni tipiche che vanno da 100.000 a 1.000.000 di km. Il tasso di sublimazione aumenterà fino a raggiungere un massimo attorno al perielio, per poi diminuire quando il nucleo si allontana dal Sole.

Figura 4 – – Tassi di sublimazione per unità di superficie dei materiali volatili cometari che si trovano nel punto subsolare in funzione della distanza eliocentrica (Tratto da Sekanina, 1992).

Tuttavia esistono comete che sono attive ben oltre le 2,8 UA dal Sole perché ricche di elementi super volatili, fra queste le DNC (come la cometa C/2010 U3), perché contengono la loro riserva di volatili originari intatta. Oltre al ghiaccio d’acqua, nei nuclei cometari possono essere presenti, come componenti minoritari, i ghiacci del monossido di carbonio (CO) e biossido di carbonio (CO2). Questi ultimi hanno la proprietà di sublimare a temperature più basse rispetto al ghiaccio d’acqua. Il ghiaccio di biossido sublima fino a circa 10 AU, mentre quello di monossido arriva fino a 25 AU, entrambi con un tasso paragonabile a quello dell’acqua a 2,8 AU. Per aiutare CI con osservazioni telescopiche dal suolo si può misurare il tasso di emissioni di polvere delle DNC osservabili – ad esempio misurando il parametro Af(rho) – per vedere come evolve l’attività delle comete passando da 10 AU a 1 AU dal Sole, così da costruire un modello in grado di prevedere – a grandi linee – l’attività quando si attraversa la linea della neve. Infatti, CI sarà progettata per sopportare un’attività cometaria della chioma paragonabile a quella della cometa di Halley ed è importante poter conoscere in anticipo come evolverà l’attività della DNC che sarà target della missione. Una DNC con una chioma troppo ricca di polvere e piccoli meteoroidi sarebbe pericolosa per l’integrità strutturale delle sonde.

Due comete osservabili in questi mesi che potrebbero assomigliare al futuro target di Comet Interceptor sono la C/2017 K2 e la C/2021 A1, entrambe su orbita debolmente iperbolica. La C/2017 K2, già attiva a grandi distanze dal Sole, farà il passaggio al perielio il 20 dicembre 2022 a circa 1,8 AU mentre la C/2021 A1, anch’essa attiva ben oltre la linea della neve, farà il passaggio al perielio il 3 gennaio 2022 a sole 0,61 AU dal Sole. Due ottimi target, specie il secondo, da seguire e caratterizzare con i propri telescopi.
Abbiamo detto che, nel caso non sia disponibile una DNC, la missione CI verrà diretta verso una cometa periodica già nota. I target di backup di CI sono le seguenti comete: P/2016 BA14 (PANSTARRS), 7P/Pons-Winnecke, 8P/Tuttle, 15P/Finlay, 21P/Giacobini-Zinner, 26P/Grigg-Skjellerup, 73P/Schwassmann-Wachmann 3, 189P/NEAT, 289P/Blanpain e 300P/Catalina. Osservazioni finalizzate alla caratterizzazione dei nuclei di queste comete (dimensione, forma, periodo di rotazione) e i loro livelli di attività (specialmente intorno al perielio) sarebbero particolarmente utili. Anche l’astrometria, per migliorare la conoscenza dell’orbita, sarebbe utile per le comete scoperte più di recente o frammentate. In definitiva, qualsiasi informazione aggiuntiva su queste comete di backup sarebbe molto utile per tutto il team di Comet Interceptor: un’occasione da non perdere per tutti gli interessati all’osservazione cometaria.

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