Della missione DART della NASA abbiamo già parlato nel blog, ad esempio quando abbiamo commentato le prime immagini di Didymos riprese a luglio 2022 e quando abbiamo illustrato i principi fisici che stanno dietro la tecnica dell’impattore cinetico per la deflessione orbitale di un asteroide. A 10 mesi dal lancio DART ha portato a termine la sua missione: alle 23:14 UT del 26 settembre 2022 ha colpito il satellite dell’asteroide near-Earth Didymos ossia Dimorphos, un corpo di circa 160 metri di diametro che orbita attorno al principale in circa 12 ore. L’obiettivo di DART era eseguire il primo test di deflessione orbitale della storia collidendo contro Dimorphos alla velocità di circa 6,3 km/s (circa 22.500 km/h). Tutto questo per iniziare a costruire quella difesa planetaria che dovrà proteggere la Terra dal rischio collisione di asteroidi e comete. In sostanza si vuole evitare lo scenario del film Don’t Look Up.
Tutta la sequenza di avvicinamento al sistema asteroidale binario Didymos + Dimorphos è stata ripresa dall’imager della sonda, il Didymos Reconnaissance and Asteroid Camera for Optical Navigation (DRACO), e ritrasmesso in diretta da NASA TV. All’inizio della diretta, circa alle 22 UT, il sistema binario era visibile solo come un piccolo puntino di luce al centro del campo di vista di DRACO. A T=-32 minuti, quando la sonda era a circa 10.000 km di distanza, di fianco a Didymos ha iniziato a essere visibile anche Dimorphos, molto più debole del corpo primario. A T=-6 minuti, quando mancava davvero pochissimo, si sono iniziati a vedere i dettagli di dimensioni maggiori sulla superficie di Didymos. A circa 2,5 minuti dalla collisione entrambi gli asteroidi erano ancora visibili nel campo di vista, poi Didymos è uscito dal FOV e DART ha puntato su Dimorphos, guidata dalle immagini riprese da DRACO.
A pochi secondi dall’impatto le immagini di Dimorphos riprese da DART hanno mostrato che la struttura dell’asteroide è quella di un rubble pile ossia di un aggregato di rocce di varie dimensioni tenuto insieme dalla gravità e dalla forza di coesione della polvere. Una struttura di questo tipo era attesa per via dall’alta velocità di rotazione di Didymos: molto probabilmente il satellite si è formato in seguito alla scissione rotazionale del corpo principale quando ha superato la propria spin-barrier. La superficie di Dimorphos è apparsa costellata da pietre e massi, ma senza crateri da impatto tipo quelli lunari, un indizio della giovane età del satellite.
Pochi minuti dopo la collisione di DART, con i telescopi al suolo che stavano seguendo l’evento (ben visibile dal cielo dell’emisfero sud), è stato possibile registrare un aumento di luminosità del sistema binario e riprendere la nube di polveri sollevata dall’impatto mentre si disperdeva nello spazio. Sequenze sulla nube di polvere sono state riprese dal sistema ATLAS e dal Virtual Telescope. Sicuramente DART ha scavato un cratere sulla superficie di Dimorphos che verrà studiato in dettaglio dalla missione HERA dell’ESA che verrà lanciata nell’ottobre 2024.
Come sappiamo, a debita distanza da DART c’era anche LICIACube, il nanosatellite dell’ASI che aveva il compito di riprendere la collisione e i suoi effetti sull’orbita di Dimorphos. Alla fine dell’articolo ve ne mostriamo una delle poche diffuse dall’ASI, dove sono ben visibili gli ejecta del cratere appena formato che si propagano nello spazio. Per avere tutte le immagini di LICIA bisognerà aspettare qualche giorno perché la piccola sonda non ha un’antenna in grado di trasmettere le immagini in tempo reale come faceva DART. In ogni caso solo dall’analisi dei dati orbitali di Dimorphos dopo la collisione sapremo se la deflessione orbitale è avvenuta come previsto ossia con una diminuzione del periodo orbitale del satellite di 5-10 minuti. Per ora godiamoci queste immagini che mostrano i momenti salienti della missione.




Missione spettacolare (anche per via dell’approccio divulgativo di marca NASA). Leggerò con molto interesse le tue considerazioni sul risultato del test (32′ di riduzione di periodo orbitale) che sembrano andate (forse troppo) oltre le più ottimistiche previsioni del test; segno della dipendenza dei modelli previsionali dalla struttura e composizione del corpo impattato.
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