Cerere, il primo asteroide scoperto da Giuseppe Piazzi dall’Osservatorio Reale di Palermo nel lontano 1 gennaio 1801, è stato per secoli un vero mistero, poco più di un puntino di luce visibile solo attraverso il telescopio. Fu Sir William Herschel a coniare la parola “asteroide”, che significa “di aspetto stellare”, proprio osservando Cerere. Solo nel 1995 e poi nel 2003-2004 le immagini riprese con il telescopio spaziale “Hubble” hanno iniziato a mostrare i dettagli più grossolani della superficie di Cerere che nel 2006 è stato collocato nella nuova classe dei pianeti nani, insieme a Plutone e altri corpi della Fascia di Kuiper. Tuttavia, solo con la missione Dawn della NASA si è avuto il vero salto di qualità. Ora sappiamo quale sia il vero aspetto di Cerere. Lungi dall’essere un mero “pezzo di roccia” in orbita attorno al Sole, Cerere è un vero e proprio “piccolo mondo”, con una sua geologia, una struttura interna, un’esosfera e alcune caratteristiche superficiali davvero inconsuete. Vediamo alcune di queste caratteristiche.
La superficie
Cerere orbita attorno al Sole a una distanza media di 414 milioni di km (ossia 2,76 UA), impiegando 4,60 anni per compiere un intero giro. La sua orbita è quasi circolare, però non giace sul piano dell’Eclittica essendo inclinata di circa 10,6°. Dal punto di vista fisico Cerere ha la forma di un ellissoide di rotazione con dimensioni 966 × 962 × 892 km e questo implica che sia vicino alla condizione di equilibrio idrostatico. La massa di Cerere invece è di 3,93 × 1020 kg, circa 1/190 della massa lunare.
In media la superficie di Cerere appare piuttosto scura perché ha un albedo di Bond, ossia il rapporto fra la radiazione riflessa nello spazio e quella incidente, pari a 0,034. Cerere riflette nello spazio solo il 3,4% della radiazione che gli arriva dal Sole. Per confronto la Luna, che è già molto scura rispetto alla Terra, ha un albedo di Bond dell’11%, mentre Plutone arriva al 40%. Come sulla Luna o su Mercurio, anche su Cerere i crateri d’impatto sono la caratteristica geologica più comune e le loro diverse forme aiutano a capire l’intricata storia del suo passato. I crateri che sono approssimativamente poligonali, cioè con forme delimitate da linee rette, suggeriscono che la crosta di Cerere sia molto fratturata perché ha risposto in modo anisotropo all’onda d’urto che ha creato il cratere. Come sulla Luna ci sono crateri che si sovrappongono ad altri crateri e catene di piccoli crateri. Come su Marte ci sono crateri che mostrano delle linee di flusso, segno che dopo la collisione che ha formato il cratere ci deve essere stato lo scorrimento di materiale fluido, probabilmente in seguito alla fusione di ghiaccio d’acqua presente sotto la superficie. Ci sono anche diverse aree chiare su Cerere, le più famose delle quali si trovano nel cratere Occator.

La struttura interna
Le decine di migliaia d’immagini inviate a terra dalla Dawn non ci dicono niente sull’interno di Cerere. Per fortuna c’è un modo per studiare la struttura interna di un corpo celeste: studiare il suo campo gravitazionale. In effetti, se ci si trova abbastanza vicini a un corpo celeste dotato di massa, l’intensità del suo campo gravitazionale in ogni punto dello spazio non dipende solo dal valore della massa e dalla distanza cui ci si trova, ma anche dalla distribuzione della massa all’interno del corpo celeste. Così il campo gravitazionale cambia leggermente se la densità è maggiore verso il centro del corpo, rispetto a una situazione con una densità uniforme dal centro alla superficie. I termini correttivi al semplice campo gravitazionale di massa puntiforme che insegnano a scuola dipendono da una quantità che in fisica è chiamato “momento d’inerzia”. Il momento d’inerzia di solito è calcolato rispetto all’asse di rotazione del corpo considerato ed essendo dato dalla somma del prodotto di ogni piccola porzione di massa del corpo per la sua distanza al quadrato dall’asse di rotazione, maggiore è la densità centrale del corpo e minore sarà il suo momento d’inerzia.
Ad esempio, il momento d’inerzia della Terra vale 0,33 (in unità normalizzate), quello della Luna vale 0,393 mentre quello di una sfera a densità uniforme vale 0,4. Da questi numeri si capisce che la Luna deve avere un blando aumento di densità andando verso il centro mentre la Terra, al contrario, deve avere un bel nucleo formato da materiale più pesante del mantello sovrastante. Questo metodo è stato applicato anche a Cerere. Poiché è la gravità di Cerere che condiziona l’orbita di Dawn, si possono misurare le variazioni dell’accelerazione di gravità di Cerere rispetto a una struttura a densità uniforme, misurandone l’effetto sulla sonda che si traducono in piccole variazioni della sua velocità orbitale. I dati indicano anche che Cerere è un corpo composto di strati con densità crescenti verso il centro fino al nucleo roccioso centrale. Rispetto alla Terra si è scoperto che la differenza tra i diversi strati che compongono Cerere sono meno pronunciate, ossia questo pianeta nano è semi-differenziato. In effetti, il momento d’inerzia di Cerere vale 0,37 (sempre in unità normalizzate), un valore molto più vicino a quello della Luna che a quello della Terra. La Terra, con il suo nucleo metallico, il mantello semifluido e la crosta esterna, ha una struttura molto più definita di Cerere. Evidentemente il calore sviluppato durante la formazione di Cerere e quello generato dal decadimento degli elementi radioattivi che si trovavano al suo interno non è stato sufficiente a creare un nucleo metallico separato dal resto. Con i sui 2,16 g/cm³ di densità media Cerere è molto meno denso della Terra, della Luna, di Vesta e di altri corpi rocciosi del Sistema Solare. Si tratta quindi di un corpo formato in parte da ghiaccio d’acqua che, a causa della parziale differenziazione, si troverà vicino al mantello insieme ai materiali più leggeri.

Le misteriose zone chiare di Cerere
Sulla superficie di Cerere sono state individuate più di 300 aree chiare, cioè strutture a elevato albedo superficiale. Gli esempi più rappresentativi di questa classe si trovano nel cratere Occator, che ospita due importanti aree luminose. La prima è Cerealia Facula, esattamente al centro del cratere. Cerealia è costituita da materiale chiaro che copre una fossa larga 10 chilometri, all’interno della quale si trova una piccola cupola. L’albedo di Bond di Cerealia è 0,24, ossia riflette il 24% della luce in arrivo dal Sole. A est del centro di Occator invece ci sono diverse chiazze formate da materiali più diffusi e leggermente meno riflettenti chiamate collettivamente Vinalia Faculae. Tutto il materiale chiaro nel cratere Occator è composto di carbonato di sodio, un sale dell’acido carbonico che, per formarsi, richiede la presenza di attività idrotermale, quindi di acqua associata a una fonte di calore. Anche se Cerealia Facula è la zona più luminosa dell’intero Cerere (era già visibile come una chiazza brillante nelle prime riprese dell’HST), vista dall’occhio umano avrebbe lo stesso aspetto di un accumulo di neve sporca.

Che origine possono avere le zone chiare di Occator e perché sono così diverse? Chiaramente le macchie chiare di Occator non possono essere una parte del materiale del piccolo asteroide che, cadendo su Cerere, ha generato il cratere. Durante la formazione di un cratere avviene un fenomeno esplosivo che rimescola i materiali coinvolti invece di separarli. La genesi delle macchie chiare deve essere successiva alla formazione del cratere anche se correlata a esso. La spiegazione più semplice ipotizza che, sotto la crosta che avrebbe in seguito visto la formazione di Occator ci fosse, almeno nel recente passato, una riserva d’acqua ricca di carbonato di sodio e che l’impatto con il corpo che ha creato il cratere possa avere formato una serie di fratture nella crosta di Cerere che ne hanno permesso la risalita in superficie. I sali potrebbero essere quindi i residui di un antico oceano, o almeno di grandi masse d’acqua, che hanno raggiunto la superficie e poi si sono congelati milioni di anni fa.
Nel caso di Vinalia Faculae, ossia le regioni più chiare e diffuse poste a nord-est della cupola centrale del cratere, potrebbero essersi formate da un fluido guidato verso la superficie da una piccola quantità di gas, un processo fisico simile a quello che avviene quando si stappa una bottiglia di spumante. Il gas disciolto nell’acqua ricca di sali avrebbe potuto essere una sostanza volatile come vapore acqueo, anidride carbonica, metano o ammoniaca. L’acqua salata ricca di sostanze volatili potrebbe essere stata portata vicino alla superficie di Cerere attraverso le fratture che si collegavano alla riserva d’acqua posta sotto Occator. La pressione più bassa sulla superficie di Cerere avrebbe causato la fuoriuscita del fluido come un vapore. Dove le fratture hanno raggiunto la superficie, questo vapore poteva fuoriuscire in modo copioso trascinando con sé particelle di ghiaccio e sali, depositandole così sulla superficie. Al contrario, Cerealia Facula deve essersi formato con un processo diverso, poiché è una struttura più elevata e brillante rispetto a Vinalia Faculae. Il materiale di Cerealia potrebbe essere stato più simile a una vera e propria lava ghiacciata che, filtrando attraverso le fratture del fondo del cratere, ha dato origine alla cupola centrale, formando così un domo da criovulcanismo. Durante questo processo probabilmente si sono verificate fasi intermittenti di ebollizione, simili a ciò che è accaduto quando si è formata Vinalia Faculae, disseminando così la superficie con particelle di ghiaccio e sali che oggi formano la macchia chiara di Cerealia.

Conclusioni
La missione Dawn sta dando un contributo determinante allo studio dei protopianeti del Sistema Solare. Cerere presenta delle forti somiglianze con i satelliti ghiacciati esterni del sistema di Giove mentre ha pochi punti in comune con gli asteroidi poveri d’acqua (come Vesta), che popolano la regione interna della Fascia Principale. Grazie ai dati inviati sulla Terra, ora sappiamo che Cerere, l’unico pianeta nano del Sistema Solare interno, pur non essendo completamente differenziato, un tempo era un mondo oceanico in cui acqua, azoto e ammoniaca interagivano con le rocce. Mentre il mondo oceanico si congelava e il ghiaccio d’acqua sublimava nello spazio, sali e altri minerali si concentravano in depositi che ora sono esposti in molti punti della superficie, in attesa di essere prelevati e studiati, magari da parte di future missioni spaziali. Molto probabilmente Cerere si è formato in un ambiante “umido”, grazie al processo di accrescimento attraverso planetesimi sia rocciosi sia ghiacciati, questi ultimi provenienti da zone più periferiche della nebulosa protoplanetaria.
2 pensieri su “Cerere: un “piccolo mondo” fra Marte e Giove”