A “caccia” di impatti lunari

La nostra Luna, a 50 anni dallo sbarco degli astronauti di Apollo 11, continua ad essere un vero e proprio “laboratorio” per quanto riguarda lo studio dell’ambiente circumterrestre.

Infatti, l’osservazione della superficie in ombra del nostro satellite permette  di rilevare i grossi meteoroidi che colpiscono la sua superficie emettendo, in alcune frazioni di secondo, brevi flash di luce. In questo articolo, che deriva dal paper “La previsione degli impatti lunari” (2002), vi spiego di che cosa si tratta e come cercare di osservare questo elusivo, ma interessante, fenomeno che permette di caratterizzare il flusso di meteoroidi in prossimità del sistema Terra-Luna.

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Figura 1 – La Luna ripresa con un piccolo telescopio rifrattore da 80 mm di apertura la sera del 20 aprile 2018. La linea di separazione fra emisfero illuminato e in ombra è nota come terminatore. Che la Luna sia crivellata da crateri da impatto di tutte le dimensioni è evidente, specialmente lungo il terminatore dove le ombre sono più allungate. Ogni cratere è il risultato della caduta di un asteroide con dimensione pari a circa 1/20 del diametro del cratere stesso (Credits: A. Carbognani).

Un po’ di storia

Nell’emisfero lunare visibile dalla Terra ci sono circa 300.000 crateri di diametro superiore al km. Questa fitta craterizzazione indica che nel corso della sua storia la Luna ha subito un intenso bombardamento da parte dei corpi minori del Sistema Solare: comete, asteroidi e meteoroidi. Nella fase attuale l’evento d’impatto più frequente e quello con un meteoroide. I meteoroidi possono essere sia d’origine cometaria, e appartenere a un determinato sciame (o corrente), sia asteroidale. Considerato che la Luna è priva di atmosfera, durante le ultime fasi della caduta del meteoroide, non si verifica il fenomeno della meteora o del bolide come accade qua sulla Terra. Di conseguenza l’energia cinetica posseduta dal meteoroide è rilasciata interamente nell’impatto con il suolo. Nel processo d’impatto una frazione, variabile fra 1/1000 e 1/100, dell’energia disponibile è convertita in un flash di radiazione ottica, potenzialmente osservabile da terra. Il resto dell’energia disponibile è emessa come radiazione infrarossa oppure va a fondere e scagliare lontano il materiale della superficie lunare.

Impatti di meteoroidi sulla superficie lunare sono stati registrati per la prima volta nel 1974, in concomitanza con lo sciame meteorico delle Leonidi, dalla rete di stazioni sismiche allestita durante le missioni Apollo (Apollo Lunar Seismic Network, ALSN). Del network facevano parte cinque stazioni, collocate durante le missioni Apollo 12, 14, 15, 16 e 17. La registrazione dei dati sismici è cessata nel settembre 1977. Oltre alla scoperta dei sismi lunari all’ALSN va il merito di aver registrato le onde sismiche provocate dalla caduta di 70-150 meteoroidi. I dati dei sismografi non hanno permesso di misurare la massa dei corpi caduti, tuttavia si possono stimare valori compresi fra 0,1 e 1 kg.

Nel corso degli anni anche gli osservatori lunari sulla Terra hanno segnalato la comparsa di brevi flash ottici nell’emisfero lunare in ombra, ma nessuna osservazione era mai stata confermata in modo indipendente. Fra le segnalazioni più note possiamo ricordare:

  1. Ottobre 1945, F. Thornton osserva un puntino luminoso sul fondo del cratere Plato durante lo sciame delle Orionidi.
  2. Aprile 1948, A. Vince vede un flash luminoso vicino al cratere Grimaldi e nell’agosto dello stesso anno A. Woodward osserva un flash della durata di 3 secondi.
  3. Maggio 1951, H. Wilkins osserva un puntino luminoso della durata di un secondo all’interno del cratere Gassendi.

Sfortunatamente ci sono diversi fenomeni che possono dare luogo a flash fasulli: riflessioni all’interno dell’oculare, raggi cosmici secondari che colpiscono la retina, la pellicola o il sensore CCD, meteore puntiformi (ossia normali meteore dirette esattamente verso l’osservatore) oppure riflessi della radiazione solare da parte dei satelliti artificiali in orbita attorno alla Terra. Per questo motivo sono necessarie almeno due osservazioni indipendenti dello stesso flash, così si possono eliminare le cause spurie. Era talmente scarsa la fiducia nella possibilità di osservare realmente gli impatti lunari che, nel migliore dei casi, i flash erano classificati genericamente come “Transient Lunar Phenomena” (TLP). Nel novembre 1999 la svolta.

Gli storici impatti del 18 novembre 1999

Durante il massimo dello sciame delle Leonidi il 18 novembre 1999, alcuni osservatori nord americani osservarono 6 flash ottici nell’emisfero lunare in ombra (vedi Tab.1). Tutti i flash osservati sono stati registrati indipendentemente almeno due volte, visualmente o con telecamera CCD. Correttamente, i flash ottici vennero interpretati come effetto degli impatti di meteoroidi dello sciame delle Leonidi sulla superficie lunare. Le osservazioni furono organizzate da D. Dunham degli Applied Physics Laboratory (Johns Hopkins University), all’epoca presidente dello IOTA (International Occultation Timing Association).

Il primo osservatore a segnalare un flash sulla superficie lunare è stato B. Cudnik che osservava visualmente con un telescopio da 35 cm di diametro da Columbus, Texas. Il flash, di colore arancione e con una magnitudine attorno alla terza, si è verificato alle 4:46:15 UT. Grazie alla segnalazione di Cudnik, Dunham è stato in grado di ritrovare le immagini del flash sulla sua registrazione video, compiuta attraverso un telescopio di soli 13 cm di diametro posto a Mount Airy, Maryland. L’osservazione visuale di Cudnik è stata cruciale per la scoperta degli impatti lunari. Probabilmente senza di essa il video di Dunham non sarebbe stato esaminato con attenzione e il flash sarebbe andato perso. Un esempio del contributo che le osservazioni visuali possono ancora dare all’astronomia. Per un resoconto di queste prime pionieristiche detection si può consultare Dunham et al., 2000.

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Tabella 1 – Tabella dei flash ottici osservati il 18 novembre 1999 e confermati da più osservatori. Le lettere indicano l’ordine di scoperta, mentre m è la magnitudine visuale al massimo di luminosità. Le coordinate selenografiche sono accurate entro ±1°.
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Figura 2 – Localizzazione degli impatti lunari confermati del 18 novembre 1999.

Cenni di fisica degli impatti

Un evento d’impatto è un fenomeno fisico piuttosto complicato e non può essere descritto compiutamente per mezzo di formule semplici. Per questo motivo è necessario ricorrere al calcolo numerico, implementando modelli in grado di seguire l’evoluzione del campo di temperatura e pressione dei materiali vaporizzati nell’impatto, permettendo così la ricostruzione dei processi fisici in atto. Va notato che l’osservazione degli impatti lunari ha favorito la rinascita di questo tipo di modelli. Quella che segue è la descrizione di un impatto lunare, così come esce dalle simulazioni numeriche.

Tenendo conto della debole forza di gravità lunare, la velocità di un meteoroide che cade sulla superficie del nostro satellite è compresa fra 2,7 e 72 km/s. Quando un meteoroide colpisce il suolo, penetra negli strati più superficiali vaporizzando se stesso e la regolite lunare. Gli atomi e le molecole vengono eccitati o ionizzati ed è durante il ritorno allo stato fondamentale, o nella ricombinazione, che è emessa la radiazione ottica che noi vediamo come un flash. La nube di materiale lunare eiettato in un primo momento circonda il plasma del meteoroide ma, espandendosi velocemente, diventa trasparente e la radiazione emessa nell’impatto, per un osservatore esterno, aumenta di intensità. Il massimo d’intensità del flash di radiazione è raggiunto 0,5-1 millisecondi dopo l’impatto. Date le alte velocità in gioco, il processo d’impatto sulla superficie lunare è di tipo esplosivo e si formerà un cratere. Il cratere così formato è di tipo semplice (ossia a scodella, senza picco centrale), con dimensioni dell’ordine delle decine di metri.

Per le Leonidi, può essere utile ricordare che una stima grossolana della magnitudine degli impatti è data dalla formula di Beech e Nikolova (1998):

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Qui M è la massa in grammi del meteoroide. Notare che questa formula venne pubblicata circa un anno prima dell’osservazione degli impatti. In questo paper gli autori esaminarono le condizioni sotto cui i flash d’impatto potevano essere osservabili sul disco lunare e la loro attenzione si rivolse principalmente allo sciame delle Leonidi data l’alta probabilità di outburst dello sciame in seguito al passaggio al perielio della cometa madre, la 55P/Tempel–Tuttle, il 28 febbraio 1998.

Come si può verificare la caduta di una Leonide con un massa M ≈ 10² g provoca un flash ottico di magnitudine +0,5. Secondo altri Autori (Bellot Rubio et al., 2000), a parità di magnitudine, le masse dei meteoroidi sono molto maggiori: i flash più luminosi del 1999 sarebbero generati da corpi con massa di circa 5 kg.

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Figura 3 – Rappresentazione artistica di un piccolo meteoroide che colpisce la superficie lunare e si vaporizza rilasciando tutta la sua energia cinetica (Credit: NASA).

La conoscenza, anche se approssimata, della massa dei meteoroidi rende possibile la stima delle dimensioni del cratere generato nell’impatto. Ci sono diverse formule che forniscono il diametro del cratere in funzione della velocità, massa e densità del meteoroide, dell’angolo di caduta e della densità superficiale della Luna. Per le Leonidi del 1999, assumendo una massa di 5 kg e una densità variabile fra 1000 e 100 kg/m³, il diametro del cratere oscilla fra 7 e 32 metri. Crateri di questa dimensione, che sottendono un angolo compreso fra 0,004 e 0,017 secondi d’arco, sono difficilmente osservabili da Terra, ma possono essere rilevati da una sonda in orbita lunare. Le dimensioni dei crateri per le Leonidi, che hanno la massima velocità di impatto possibile, sono un limite superiore per tutti quelli provocati dalle altre correnti di meteoroidi.

Flash da impatto sono stati osservati anche per lo sciame delle Perseidi, la prima detection in proposito si è avuta l’11 agosto 2004 (Yanagisawa et al., 2004).

L’osservazione degli impatti lunari

L’era dell’osservazione sistematica degli impatti lunari è iniziata grazie agli astronomi non professionisti, quindi non possono mancare alcuni consigli sulle tecniche d’osservazione che possono essere messe in atto per dare il proprio personale contributo in questo campo della ricerca astronomica.

Da premettere che, nel caso di detection positiva, il NASA Meteoroid Environment Office al Marshall Space Flight Center è molto interessato ad avere i dati perché permettono di determinare il flusso, le dimensioni e la velocità dei meteoroidi che colpiscono la Luna consentendo così ai progettisti delle missioni spaziali di dotare di adeguata protezione i veicoli che dovranno lanciare nello spazio. Questi dati saranno particolarmente importanti nei prossimi anni, che vedranno la costruzione di una base permanente sulla Luna.

Inoltre, se nella stessa notte in cui è stato rilevato l’impatto lunare, le reti all-sky di monitoraggio dei bolidi al suolo (come PRISMA), rilevassero in modo indipendente un numero insolitamente elevato di meteore luminose, non appartenenti a sciami già noti, allora si potrebbe ipotizzare che il sistema Terra-Luna sia stato investito da un gruppo di meteoroidi sporadici talmente ampio da inglobare entrambi i corpi celesti. Una correlazione di questo tipo pare sia probabile nel caso dell’impatto lunare del 17 marzo 2013 osservato dalla NASA.

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Figura 4 – Un frame che mostra il flash dell’impatto del 17 marzo 2013, fra i più luminosi mai rilevati. La massa e il diametro stimato per il meteoroide progenitore sono, rispettivamente, 40 kg e 0,4 metri (Credit: NASA/Robert Suggs).

 

Quando osservare gli impatti lunari

Le osservazioni per la “caccia” agli impatti lunari dovrebbero essere fatte quando la Luna è in una fase compresa tra il 10% e il 50%, ovviamente in una notte limpida. Quindi si può osservare alla sera, quando la fase lunare cresce da zero fino al primo quarto, oppure al mattino quando la fase scende al di sotto dell’ultimo quarto. Tra i quarti e la Luna piena la porzione di superficie illuminata dal Sole è grande, aumenta la diffusione della luce e si riduce drasticamente la visibilità dei flash d’impatto. Le fasi illuminate al di sotto del 10% sono così vicine al Sole che la Luna tramonta troppo presto o sorge troppo tardi per fornire dati utili. Inoltre, in questi casi, l’altezza della luna sull’orizzonte è così bassa che l’estinzione atmosferica riduce notevolmente il rilevamento dei flash.

Periodi privilegiati in cui andare a caccia degli impatti lunari sono quelli in corrispondenza dei massimi di attività dei maggiori sciami di meteore annuali che si verifichino in coincidenza con la Luna nella fase corretta. Per gli sciami candidati a generare impatti lunari osservabili nel periodo 2019-2025 vedi Tabella 2. Tuttavia è interessante anche l’osservazione dei flash generati dai meteoroidi sporadici, ossia non associati a nessuno sciame noto.

Monitoraggio visuale

Per un monitoraggio visuale occasionale è sufficiente un piccolo telescopio del diametro di almeno 15 cm, in grado di far percepire agevolmente stelle di 4-5 magnitudine, usato a medio ingrandimento (60-100×), in modo da inquadrare una buona porzione della superficie lunare. Durante le osservazioni, per evitare che l’occhio resti abbagliato, è bene lasciare al margine del campo dell’oculare la superficie della Luna illuminata dal Sole. Il riferimento del terminatore servirà per avere una stima della posizione del flash. Per evitare di affaticare l’occhio si possono sospendere le osservazioni ogni 15 minuti e riposarsi per almeno un paio di minuti, altrimenti sale la probabilità di osservare flash fittizi.

Per ottenere dati con un minimo d’affidabilità si deve osservare almeno in coppia, da due località geografiche distinte (distanti almeno 50 km), con due telescopi diversi e tenendo sotto controllo la stessa zona della superficie lunare: solo i flash visti da entrambi gli osservatori potranno essere presi in considerazione come autentici. Dopo l’osservazione di un flash (o di quello che si crede tale), bisogna prendere nota dell’ora d’osservazione con la precisione del secondo (usare il tempo universale, ossia l’ora di Greenwich, UT), delle coordinate selenografiche della zona della superficie lunare in cui è stato osservato il flash, della durata (in secondi), e della magnitudine minima che ha raggiunto (vale a dire la magnitudine al massimo di luminosità). Per la stima della magnitudine, si deve memorizzare l’immagine del flash e paragonarla con quella di stelle di magnitudine nota osservate con lo stesso strumento e ingrandimento. Finita la sessione di monitoraggio, basterà confrontare la lista dei flash registrati dai due osservatori e individuare quelli comuni. Dalla durata e dalla magnitudine si potranno stimare le dimensioni del meteoroide. L’utilizzo di un buon atlante lunare, come Virtual Moon Atlas, è indispensabile per ricavare una stima delle coordinate degli impatti.

Monitoraggio con videocamera

Per aumentare il valore scientifico delle osservazioni e diminuire la possibilità d’errore, è d’obbligo collegare al telescopio una videocamera CMOS/CCD ad alta sensibilità. In questo modo, se il telescopio è dotato di motore per il trascinamento in AR, si può registrare un video digitale, che potrà essere analizzato con comodo alla ricerca dei possibili flash da impatto. Ovviamente la ricerca non sarà fatta guardando direttamente il video ma utilizzando un apposito software come il LunarScan Detection Software sviluppato dalla NASA. Un buon setup per la caccia sistematica agli impatti lunari potrebbe essere il seguente:

  1. Telescopio da 20 cm di diametro con 1-1,5 m di lunghezza focale effettiva
  2. Montatura equatoriale con possibilità di inseguimento alla velocità lunare
  3. Videocamera astronomica con adattatore per il telescopio
  4. Ripresa di video da 720×480 pixel in formato .avi (compatibile con LunarScan)
  5. PC con Windows XP/Windows 7 avente uno spazio libero su disco di almeno  500 GB
  6. Software LunarScan per il rilevamento dei flash

Nel momento in cui s’inizia la registrazione è d’obbligo (se non c’è la possibilità di sovrapporre data e ora di ripresa nei singoli frame), segnare l’ora con la precisione del secondo, in modo da poter risalire agli istanti in cui si sono verificati i flash. Per ricavare la magnitudine del flash bisogna riprendere, con lo stesso apparato, stelle di magnitudine conosciuta.

Anche con l’utilizzo della tecnologia CMOS/CCD, gli osservatori devono essere almeno due, in modo da avere un paio di video da confrontare ed evitare flash spuri come quelli dovuti ai raggi cosmici secondari o a difetti del sensore. Per massimizzare la probabilità d’osservazione è bene che il campo inquadrato dal sensore non sia troppo piccolo, in modo da inquadrare una buona porzione del disco lunare in ombra.

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Figura 5 – La corretta orientazione del campo di vista per la ripresa degli impatti lunari (NASA).

Circa la metà degli impatti lunari osservati sono riconducibile a uno sciame di meteore. Ecco quindi una tabella che mostra, per gli sciami annuali maggiori, le migliori condizioni per l’osservazione degli impatti lunari nel periodo 2019-2025.

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Tabella 2 – Elenco degli sciami annuali di meteore per cui è possibile la ricerca di impatti lunari per il periodo 2019-2025. Ad esempio, per il 2019 uno sciame interessante sono le Tauridi Sud (TaS), con massimo attorno al 3 novembre quando la Luna avrà una fase di 0,436 (43,6 %) e la frazione di impatti rilevabili nell’emisfero in ombra sarà lo 0,58 (58%) del totale. Da terra sarà osservabile il punto di impatto sublunare, la zona sulla Luna dove si registra la massima densità degli impatti (Credits: A. Carbognani/Calcoli eseguiti con la versione Linux di mluna2.c – 23 novembre 2010).
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Figura 6 – Mappa che mostra la collocazione dei candidati impatti lunari osservati dalla NASA per il periodo 2005-2018 (Credits: NASA’s Meteoroid Environment Office (MEO)).

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