L’asteroide 2018 VP1 il 2 novembre 2020 alle 03:07 UT farà un flyby con la Terra passando a circa 420.000 km dal nostro pianeta. Tuttavia c’è una probabilità dello 0,6% che possa colpirci. Che sta succedendo, l’ora tanto temuta sta arrivando? Non proprio, ecco come stanno le cose.
Scoperta e orbita
Il near-Earth 2018 VP1 è stato scoperto il 3 novembre 2018 dalla Zwicky Transient Facility (ZTF) del Palomar Observatory. La sua scoperta fu confermata da altri osservatori e, in totale, vennero raccolte solo 21 misure di posizione distribuite in 13 giorni che però hanno permesso di calcolarne l’orbita eliocentrica.
L’asteroide 2018 VP1 si muove su un’orbita moderatamente eccentrica (0,42) e a bassa inclinazione sull’Eclittica impiegando circa 2 anni per completare un intero giro. La cosa più interessante, quando si parla di asteroidi near-Earth, è la minima distanza che l’orbita può raggiungere con quella terrestre (MOID, Minimum Orbit Intersection Distance), che in questo caso vale 8.300 km. Considerato il raggio terrestre, questo asteroide è teoricamente in grado di passare a meno di 2000 km dalla superficie terrestre. Per fortuna la magnitudine assoluta di 2018 VP1 è +30,9 il che equivale a un corpo con dimensioni comprese fra i 2 e i 4 metri di diametro. Si tratta quindi di un piccolo asteroide che l’atmosfera non avrebbe nessuna difficoltà a trasformare in un brillante bolide avente come conseguenza, al più, il ritrovamento al suolo di qualche piccola meteorite.

Essendo stato osservato solo per 21 volte nel lontano novembre 2018, al momento non sappiamo esattamente dove si trovi l’asteroide lungo la propria orbita. In effetti l’anomalia vera, ossia l’angolo che identifica la posizione dell’asteroide lungo l’orbita, ha un’incertezza di circa 8° pari a 30 milioni di km. Anche gli altri elementi orbitali sono incerti, ad esempio il semiasse maggiore può andare da 1,55 AU a 1,72 AU e così via. Tutto questo rende facile capire che anche la MOID è incerta e – dato il suo basso valore – potrebbe anche essere zero.


Clonare gli asteroidi
In questi casi, per analizzare statisticamente quali eventi potrebbero accadere durante il flyby, si possono generare matematicamente degli asteroidi cloni dell’originale – aventi tutti orbite compatibili con le osservazioni iniziali – per propagarli avanti nel tempo fino all’epoca del flyby da studiare. L’evoluzione della nube di asteroidi virtuali fornisce una informazione statistica di quello che può succedere durante il passaggio ravvicinato con la Terra. Per quanto riguarda 2018 VP1, generando circa 10.000 cloni con Find_orb e analizzandone le orbite, se ne trovano circa 60 che colpiscono la Terra il prossimo 2 novembre.
Quindi la probabilità d’impatto di 2018 VP1 con la Terra è stimabile dell’ordine dello 0,6% un valore alto per un asteroide near-Earth.

Nel caso d’impatto – lo abbiamo già detto – l’asteroide si disintegrerebbe in atmosfera generando un brillante bolide diurno che sarebbe visibile dall’Oceano Pacifico settentrionale nelle prime ore del 2 novembre.
Se, come è molto probabile, 2018 VP1 farà un tranquillo flyby alla distanza nominale non sarà possibile cercare di ritrovare l’asteroide in cielo durante la fase di avvicinamento perché avverrà dalla parte dell’emisfero sud terrestre diurno e, in ogni caso, sarebbe debolissimo anche per telescopi di grande diametro. Sarà invece possibile cercarlo a partire dalla notte del flyby, quando si sposterà rapidamente nel cielo dell’emisfero settentrionale, brillando debolmente come una stellina di magnitudine apparente +19,5. Tuttavia, nelle notti successive l’asteroide diventerà rapidamente più debole e non sarà più possibile continuare la ricerca.

Nel caso di recovery il prossimo 2 novembre, allora sarebbe possibile conoscere meglio l’orbita di 2018 VP1, condizione indispensabile per la previsione dei prossimi flyby.
Conclusioni
Il caso di 2018 VP1 non desta preoccupazioni, ma è un ottimo esempio “didattico” delle difficoltà che si incontrano nel determinare – nel modo più accurato possibile – le orbite degli asteroidi near-Earth a partire da una manciata di osservazioni. Questo problema è importante, specie per gli asteroidi di piccolo diametro che diventano debolissimi – di fatto invisibili – a soli pochi milioni di km dalla Terra.