Molti di noi hanno familiarità con l’inquinamento atmosferico, idrico e terrestre, che è facilmente percepibile come estraneo all’ambiente naturale: quando vediamo una ciminiera che riversa fumi nell’aria, le acque di un torrente di colore arancione, il mare pieno di borse di plastica o le bottiglie gettate sul ciglio della strada o in spiaggia, non ci sono dubbi in proposito. Tuttavia, anche la luce è un inquinante ambientale che ha ripercussioni negative sull’ecosistema, sulla salute umana e sulle osservazioni astronomiche. L’inquinamento luminoso consiste nella dispersione della luce artificiale pubblica o privata nell’ambiente, oltre le aree che necessitano di illuminazione, con conseguente inquinamento del cielo notturno e degli spazi privati. Di fatto, lampione dopo lampione, il cielo notturno è stato progressivamente “cancellato”, sprecando preziosa energia e interferendo con i ritmi biologici di flora e fauna. Si tratta di un problema a livello globale: le stelle più deboli stanno scomparendo dal cielo, nascoste da un aumento medio annuo pari al 10% della luce diffusa in cielo da parte di sorgenti artificiali (Falchi & Barà, Science, 2023). Per rendersi conto dello stato attuale dell’inquinamento luminoso nel mondo si può consultare l’atlante mondiale della luminosità artificiale del cielo, da cui si vede che restano buie solo ampie zone dell’Africa e dell’Asia, il deserto australiano, buona parte del Canada, l’Amazzonia, la Patagonia, oltre alle due regioni polari. Dall’atlante emerge che l’80% della popolazione mondiale e oltre il 99% della popolazione statunitense ed europea vivono sotto cieli inquinati dalla luce, mentre la Via Lattea è nascosta a oltre un terzo dell’umanità, tra cui il 60% degli europei e quasi l’80% dei nordamericani. Infine, il 23% delle terre emerse del mondo tra 75°N e 60°S, l’88% dell’Europa e quasi la metà degli Stati Uniti hanno notti inquinate dalla luce (Falchi F., Cinzano P. et al, «The new world atlas of artificial night sky brightness», Science Advances, 2016). Per quanto si sia cercato di costruire osservatori astronomici in luoghi sempre più remoti, l’avanzamento dell’inquinamento luminoso ha iniziato a intaccare il cielo anche dei grandi osservatori, quelli che possiedono telescopi con un diametro superiore a 3 metri, come ad esempio il Paranal Observatory dell’ESO, sede del Very Large Telescope.
Combattere l’inquinamento luminoso non significa ritornare alle strade buie come nel Medioevo, ma proteggere il cielo, che è un patrimonio naturale di tutti noi, ed eliminare una parte degli sprechi di denaro pubblico, che paghiamo con le tasse, illuminando le strade nel modo corretto. Infatti, dal punto di vista energetico, l’inquinamento luminoso rappresenta un enorme spreco di soldi, poiché una quota significativa di elettricità viene utilizzata per illuminare aree che non ne avrebbero bisogno; questo accade nonostante i continui rincari del costo del kilowattora. Se tutti gli impianti italiani per l’illuminazione pubblica fossero realmente progettati per limitare l’inquinamento luminoso, si raggiungerebbe un risparmio di circa il 50% e si potrebbe avere circa un miliardo di € in più all’anno a disposizione per il welfare. Alcune esperienze italiane hanno dimostrato che, con sistemi avanzati come l’illuminazione adattiva, il risparmio può arrivare fino al 60–80%.
Negli ultimi decenni la consapevolezza del problema è cresciuta, portando a iniziative di riduzione e regolamentazione dell’illuminazione pubblica, ma molta strada resta ancora da fare, soprattutto in Italia dove le leggi vengono scritte per poi essere disattese. Il consumo energetico italiano è di circa 6.000 GWh all’anno, con un consumo medio pro capite di 100 kWh, circa il doppio della media europea. Purtroppo, nel nostro paese non esiste una legge nazionale contro l’inquinamento luminoso, tutto è demandato alle Regioni che vanno in ordine sparso e in diversi casi non si sono dotate di leggi apposite.

Inquinamento luminoso e fauna selvatica
L’inquinamento luminoso è riconosciuto come una delle cause emergenti di alterazione degli ecosistemi notturni; vediamo due casi in cui l’influenza della light pollution è clamorosa:
1 – Gli insetti (falene, coleotteri, zanzare, ecc.) sono attratti dalle luci notturne, che attraggono anche i loro predatori, in particolare i pipistrelli che hanno imparato a sfruttare a loro vantaggio questa situazione. Le falene sono fondamentali perché importanti impollinatori notturni. Molte piante — sia selvatiche sia coltivate — sono impollinate principalmente o esclusivamente da falene. L’impollinazione è il processo mediante cui il polline viene trasferito dalla parte maschile di un fiore (stame) alla parte femminile (pistillo), favorendo la fecondazione e quindi la produzione di semi e frutti. È uno dei meccanismi fondamentali della natura e coinvolge una vasta varietà di piante e animali. L’85% delle piante a fiore affida la propria impollinazione agli animali e il 65%, in particolare, agli insetti: api, farfalle e falene, coleotteri e mosche. Chiaramente, se venisse a mancare un anello chiave della catena dell’impollinazione, questo porterebbe alla distruzione dell’ecosistema con gravi conseguenze sull’alimentazione umana.
2 – Le femmine di lucciola hanno difficoltà a incontrare i maschi che invece vengono attratti dai lampioni, riducendo il successo riproduttivo. Questo spiega come mai le lucciole stiano scomparendo nelle campagne, proprio a causa dell’inquinamento luminoso dei paesini. Le lucciole non hanno un ruolo marginale nell’ecosistema; le loro larve sono predatrici di lumache, di larve di insetti e di altri invertebrati nocivi per le colture. A livello globale, la luce artificiale notturna è stata classificata come la seconda minaccia più grave per l’estinzione delle lucciole.
I cambiamenti nel comportamento, nella sopravvivenza e nel successo riproduttivo possono, a loro volta, influenzare l’abbondanza e la distribuzione delle specie e, quindi, la biodiversità, le interazioni tra le specie e, in ultima analisi, il funzionamento dell’ecosistema. Limitando l’uso della luce artificiale a scopi, orari e luoghi essenziali (ad esempio tramite timer e sensori di presenza) e regolando lo spettro e l’intensità della luce, è possibile ridurre in modo significativo gli effetti negativi sulla natura.
L’illuminazione a LED
Negli ultimi anni un importante cambiamento nella tecnologia dell’illuminazione stradale è stato la transizione dalle lampade al sodio a bassa pressione (LPS, low-pressure sodium) alle lampade a LED (light emitting diode). Mentre per le LPS la luce è emessa dal gas di sodio contenuto in un tubo di vetro e attraversato da una scarica elettrica, nel caso dei LED si tratta di un materiale semiconduttore dove la luce viene prodotta da una giunzione pn (p=lacune ossia assenza di elettroni, n=elettroni) attraversata da corrente. I semiconduttori usati per i LED sono il fosfuro di gallio (GaP), il fosfuro di arseniuro di gallio (GaAsP) e il nitrato di gallio (GaN). Quando al diodo viene applicata una tensione diretta, gli elettroni vengono sospinti attraverso la regione n, mentre le lacune si muovono nella regione p, finendo entrambi nella cosiddetta regione attiva, che si trova fra le due regioni n e p. Gli elettroni si spostano lungo la banda di conduzione, mentre le buche si trovano in quella di valenza. Quando un elettrone si ricombina con una lacuna, viene emessa energia sotto forma di un fotone (elettroluminescenza). Un LED per illuminazione pubblica non emette naturalmente luce bianca, ma quasi sempre luce blu. La luce bianca si ottiene aggiungendo un fosforo giallo/verde sopra il LED blu. Solo il 20–40% dell’energia elettrica impiegata per alimentare il LED si trasforma in luce; il resto si trasforma in calore nella giunzione.
Il passaggio dall’illuminazione con lampade al sodio a quella con sistemi a LED, invece di essere un’occasione per ridurre l’inquinamento luminoso, sta diventando la via maestra per aumentarlo. Vista l’efficienza dei LED, le amministrazioni pubbliche hanno la tendenza a mantenere alta la potenza delle lampade, così da illuminare a giorno le strade pur spendendo comunque meno di prima. La falsa equazione più luce = più sicurezza percepita appare inossidabile, ma in realtà: 1) La maggior parte dei reati contro la proprietà avviene alla luce del giorno. 2) Alcuni reati, come il vandalismo, sono agevolati proprio dall’illuminazione notturna. 3) Un cielo buio non implica necessariamente un terreno buio: un’illuminazione intelligente che dirige la luce solo dove serve crea un equilibrio tra sicurezza e visione del cielo. Su questo tema si può leggere il libro “Illuminazione pubblica e criminalità” del giornalista Luca Invernizzi in cui si smonta questo luogo comune: anche illuminando a giorno, gli atti criminali non diminuiscono di numero.
Il caso di Loiano
Anche il Comune di Loiano, che si trova a 750 metri di quota sull’Appennino bolognese, pare non sfugga a questa logica. Nel 2024 c’è stato il passaggio dell’illuminazione pubblica dal sodio ai LED e la situazione dell’inquinamento luminoso è peggiorata. Questo nonostante Loiano ospiti la Stazione Astronomica di Loiano gestita dall’Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna. La Stazione Astronomica, che si trova a circa 1,5 km dal centro del paese, possiede il telescopio “G. D. Cassini”, il secondo strumento come diametro presente sul territorio nazionale, e l’innovativo sistema TANDEM per la sorveglianza spaziale di satelliti e space debris. In teoria la Stazione Astronomica, essendo una struttura professionale, dovrebbe godere di una zona di protezione di 25 km di raggio, nella realtà però le cose non stanno così.
Lavorando alla Stazione Astronomica, ho avuto occasione di spulciare fra i vecchi registri delle osservazioni ritrovando casualmente delle misure di brillanza (o luminosità) del fondo cielo fatte nell’aprile 2015 con lo Sky Quality Meter-L dalla cupola del “Cassini”. Ne ho quindi approfittato e usato il mio SQM-L, acquistato di recente, per fare nuove misure di brillanza allo zenit con un cielo molto trasparente e senza Luna. Come confronto ho recuperato una serie di misure di brillanza zenitale in notti trasparenti e senza Luna che avevo fatto nel periodo 2015-2016, sempre con lo SQM-L, quando lavoravo all’Osservatorio Astronomico della Valle d’Aosta.
Il risultato di questa comparazione è visibile nel grafico seguente. Per capire come stanno le cose, va tenuto presente che le misure di brillanza del cielo sono espresse in magnitudini/secondo d’arco quadrato e più sono alti questi valori, minore è l’inquinamento luminoso. In base alle misure disponibili risulta che, nel 2015, il cielo dalla cupola del “Cassini” se la giocava con quello dell’osservatorio valdostano. Quest’ultimo non era esente da inquinamento luminoso perché, pur essendo a 1785 metri di quota, a 300 m dall’Osservatorio c’è il paesino di Lignan con alcune decine di lampioni pubblici. Nel 2025, invece, dopo il passaggio ai LED, la situazione del cielo di Loiano appare decisamente peggiorata. Al netto delle inevitabili oscillazioni, la luce di fondo cielo appare aumentata di un 70-90% rispetto a soli 10 anni fa, nonostante la legge regionale n. 19/2003 dell’Emilia-Romagna, che doveva servire a combattere il fenomeno. In poche parole la Stazione Astronomica di Loiano, in soli 10 anni, è passata dall’operare sotto un cielo ancora rurale a un cielo quasi suburbano e visto che la qualità del cielo è il migliore strumento di un osservatorio astronomico, è come se fosse stata ridotta la dimensione del telescopio “Cassini”: non è più possibile riprendere gli oggetti deboli come si poteva fare nel 2015 perché la luminosità di fondo cielo è aumentata. Nella scala internazionale di Bortle per la classificazione delle condizioni del cielo, dove 1 è un cielo buio e 9 è il cielo della città, siamo passati dal grado 4 al grado 4,5 in soli 10 anni. Di questo passo, con la transizione a LED anche dei paesi dell’Appennino che non l’hanno ancora compiuta, il cielo della Stazione Astronomica di Loiano diventerà di tipo suburbano in breve tempo.


Questi risultati sulle misure della brillanza del fondo cielo confermano, per altra via, l’aumento dell’inquinamento luminoso dovuto ai lampioni pubblici di Loiano e dintorni dopo la transizione dal sodio ai LED: non basta usare lampioni schermati verso l’altro se poi si raddoppia il flusso luminoso rivolto al suolo, è chiaro che strade edifici e alberi diventano come dei giganteschi specchi che diffondono la luce in tutte le direzioni inquinando l’ambiente e distruggendo la ricerca scientifica in campo astronomico. Questo non è solo un problema per gli astronomi, ma è di tutti, perché il cielo è di tutti. Così come non vogliamo respirare aria inquinata, bere acqua ricca di microplastiche e mangiare cibo ricco di pesticidi, non è accettabile la cancellazione del cielo. Circa 100 anni fa gli astronomi bolognesi decisero di costruire la Stazione Astronomica di Loiano sul Monte Orzale per sfuggire all’inquinamento luminoso di Bologna. All’epoca Loiano era solo un piccolo paesino ed era facilmente raggiungibile da Bologna. Nel 1936 erano operative la foresteria e la cupola del telescopio Zeiss da 60 cm di diametro. Con questo strumento hanno osservato i più noti astronomi italiani: Guido Horn d’Arturo (padre dello specchio a tasselli, adottato dai maggiori telescopi al mondo), Paolo Maffei (tra i pionieri dell’astronomia infrarossa), Piero Tempesti (pioniere della fotometria fotoelettrica), Leonida Rosino (grande esperto di stelle variabili) e così via. Nel 1976 fu inaugurato l’edificio che ospita il telescopio “Cassini” che, con il suo diametro di 1,52 metri, è tuttora il secondo strumento sul territorio italiano. Con questo telescopio si è continuato a fare ricerca scientifica fino ai giorni nostri: dagli ammassi globulari della galassia di Andromeda ai nuclei galattici attivi, dalle stelle variabili ai pianeti extrasolari, dagli asteroidi attivi a quelli near-Earth. Nel 2023 il “Cassini” è stato affiancato dall’innovativo sistema TANDEM, per la ripresa di satelliti artificiali e space debris, uno strumento unico in Italia per la determinazione delle traiettorie di oggetti in orbita bassa che sta producendo centinaia di posizioni astrometriche ogni mese. Ora l’inquinamento luminoso è tornato fastidioso e non si vede una fine a questa follia, ed è un peccato perché non è solo un problema per gli astronomi: la Stazione Astronomica di Loiano è un presidio culturale sul territorio. Ho visto una cosa strana in cielo? Vado all’osservatorio e chiedo. Ho sentito una notizia su un asteroide pericoloso, vado in osservatorio e chiedo. Sta per cadere un satellite artificiale: sarà pericoloso? Vado in osservatorio e chiedo. Senza contare le visite didattiche e le esercitazioni per gli studenti universitari. Fino a quando?

Sulla situazione dell’inquinamento luminoso a Loiano dopo il passaggio ai LED si può leggere la news che ho scritto per Media INAF: L’inquinamento luminoso a Loiano. Per chi desidera approfondire, ecco il rapporto completo con le misure di illuminazione al suolo fatte lungo le vie principali di Loiano nell’aprile 2025. Questi dati appaiono coerenti con le misure di brillanza del fondo cielo mostrate prima.
Un caso positivo: Asiago
Se visitate il bellissimo altopiano di Asiago (Vicenza), oltre a notare un ottimo contenimento dell’inquinamento luminoso, vi capiterà di vedere delle cupole fra il verde. Vicino al paese di Asiago, infatti, si trova l’Osservatorio Astrofisico di Asiago, il maggiore osservatorio astronomico presente sul territorio italiano, gestito dall’INAF-OAPd e dall’Università di Padova. Le sedi sono due. In località Pennar, alle porte del paese di Asiago che dà il nome all’altopiano, si trova il telescopio “Galileo”, un Cassegrain da 122 cm di diametro, inaugurato nel 1942, usato per ricerca, didattica e divulgazione. A Pennar si trova anche la Cupola Multimediale, che ospita strumenti didattico-divulgativi per l’osservazione del Sole in H-alpha e in luce bianca. A circa 5,5 km di distanza in linea d’aria da Asiago, a Cima Ekar, si trovano le cupole del telescopio “Copernico” da 182 cm di diametro (inaugurato nel 1973) e dello Schmidt 67/92 cm, entrambi usati per la ricerca. Il Copernico è il maggiore telescopio presente in Italia ed è a controllo remoto, mentre lo Schmidt è completamente robotizzato, ossia in grado di eseguire autonomamente le proprie osservazioni. Il Copernico di Asiago e il Cassini di Loiano sono coevi.

Anche nel paese di Asiago c’è stata la transizione dell’illuminazione pubblica dal sodio ai LED, ma i lampioni hanno potenze luminose limitate, sono schermati lateralmente e illuminano prevalentemente la sede stradale; le pareti degli edifici adiacenti alla strada restano al buio e passeggiare per le strade è un’esperienza piacevole perché non si è abbagliati. Ad Asiago è stato fatto un buon lavoro per contenere l’inquinamento luminoso senza mettere la popolazione al buio, così da tutelare l’attività dell’osservatorio astronomico. Nella cittadina di Asiago, con il passaggio ai LED, non solo hanno limitato l’inquinamento luminoso, ma hanno anche attuato un risparmio sulla bolletta elettrica pari a circa il 70%, sfruttando fino in fondo l’opportunità di risparmio energetico offerta dai LED. In effetti, del caso di Asiago si è parlato nell’ambito del convegno internazionale Going Dark, il workshop internazionale dedicato all’illuminazione responsabile tenutosi a Monteriggioni, in provincia di Siena, a inizio ottobre 2025.

La chiave di questo successo nel contenimento dell’inquinamento luminoso sta sia nella volontà politica delle amministrazioni locali, sia nell’ARPAV (l’ARPA del Venero), che è all’avanguardia per quanto riguarda il monitoraggio della brillanza del cielo notturno e la sua protezione, con una serie di sensori distribuiti in tutta la regione. Se si vanno a vedere i dati misurati dalla Stazione Astronomica di Cima Ekar, si vede che nelle notti serene e senza Luna si raggiunge una brillanza di 21,3 mag/arcsec2, un valore simile a Loiano nel 2015. Purtroppo oggi, dalla Stazione Astronomica di Loiano, nelle notti trasparenti, serene e senza Luna, arriviamo a 20,4-20,6 mag/arcsec2. Quindi siamo circa 0,8 mag sotto Cima Ekar, di conseguenza abbiamo un fondo cielo che è circa il doppio e non possiamo riprendere gli oggetti più deboli che si riprendevano nel 2015: ci hanno cancellato il cielo.
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