Con la scoperta della cometa 3I/ATLAS salgono a tre gli oggetti interstellari noti. L’occasione è buona per fare una carrellata delle caratteristiche salienti di questi tre corpi, tutti diversi fra loro, a dimostrazione del fatto che la popolazione dei corpi minori interstellari è eterogenea e rispecchia la diversità dei sistemi planetari dal quale provengono.
I primi due oggetti interstellari, scoperti mentre attraversano il Sistema Solare interno, sono stati l’asteroide 1I/‘Oumuamua e la cometa 2I/Borisov, rispettivamente nel 2017 e nel 2019. ‘Oumuamua proveniva da una direzione in cielo nei pressi della costellazione della Lyra e se ne andrà verso la costellazione di Pegaso, mentre la Borisov è arrivata da una direzione coincidente con la costellazione di Cassiopea e se ne andrà verso quella del Telescopio. Per spiegare l’origine della popolazione di questi corpi in giro per la Galassia, che possiamo anche chiamare corpi minori interstellari (CMI), si può ipotizzare che si siano formati all’interno degli innumerevoli dischi protoplanetari che circondano le stelle giovani e appena formate, per poi essere espulsi in seguito all’interazione gravitazionale con i pianeti del sistema. Si tratta di un meccanismo di scattering simile a quello che, nel Sistema Solare, ha dato origine ai nuclei cometari che popolano la nube di Oort, ma portato alle estreme conseguenze: invece di restare debolmente legato alla stella di origine, il candidato CMI se ne va per la propria strada e inizia il vagabondaggio per la Galassia, continuamente “sballottato” dai campi gravitazionali delle stelle che incontra sul proprio cammino. I CMI, anche vi sono poche speranze di identificare i sistemi planetari di origine, forniscono l’unica opportunità che abbiamo per misurare direttamente le proprietà di corpi che si sono formati al di fuori del nostro Sistema Solare.
Questi primi due oggetti interstellari sono molto diversi, segno che la popolazione dei CMI è eterogenea. Innanzitutto, sebbene 1I/‘Oumuamua non presentasse una chioma e una coda cometaria, seguiva una traiettoria soggetta a un’accelerazione non gravitazionale: evidentemente perdeva sostanze volatili con bassi livelli di produzione di polvere, rendendo impossibile la rilevazione da terra di chioma e coda come invece avviene per le classiche comete. Questa tesi è stata recentemente rafforzata dalla scoperta, nel Sistema Solare, di una serie di asteroidi near-Earth che, pur non mostrando chioma e coda, sono soggetti a significative accelerazioni non gravitazionali simili a quelle delle comete. Si tratta delle “comete oscure“, di cui ho parlato su Media INAF. A differenza di ‘Oumumua, la 2I/Borisov aveva l’aspetto di una cometa con chioma e coda, quindi mostrava un’attività di degassamento e di emissione di polvere ben definiti. Tuttavia, anche se la chioma della Borisov conteneva specie volatili tipiche delle comete, presentava una maggiore quantità di gas di ossido di carbonio (CO) rispetto all’acqua (H₂O). Il rapporto anomalo CO/H2O differenziava questa cometa dalla maggior parte delle comete del Sistema Solare che, invece, sono ricche di H₂O e contengono una percentuale di CO tra l’1 e il 15% rispetto all’acqua. Anche la velocità all’infinito di 1I/‘Oumuamua e 2I/Borisov differivano in modo significativo. Per un oggetto interstellare la velocità all’infinito è la velocità che possiedono a grandissima distanza dal Sole e si può determinare una volta noti i parametri dell’orbita iperbolica che l’oggetto seguirà rispetto alla nostra stella. Nel caso di ‘Oumuamua V∞ ∼ 26 km/s, mentre per la Borisov V∞ ∼ 32 km/s, che corrispondono approssimativamente a un periodo di circa 100 milioni e un miliardo di anni di vagabondaggio nella Galassia. Inoltre, ‘Oumuamua mostrava variazioni di luminosità di circa 3,5 magnitudini, corrispondenti a una geometria estremamente allungata (a sigaro) oppure schiacciata (a disco) con dimensioni stimate di qualche centinaio di metri. Il nucleo della Borisov non è mai stato visto “nudo” per cui le dimensioni sono incerte, ma in base all’attività mostrata dovrebbe avere un diametro di qualche km.

L’ultima arrivata fra la popolazione dei CMI noti è la cometa 3I/ATLAS, scoperta dalla stazione cilena del programma di osservazione robotica ATLAS la sera del 1° luglio 2025. Dopo l’assegnazione della designazione interna A11pl3Z23, l’oggetto è stato immediatamente segnalato al Minor Planet Center che l’ha pubblicato sulla NEOCP per la conferma indipendente. Le osservazioni di follow-up sono arrivate immediatamente da decine di altri osservatori sparsi in tutto il mondo, anche perché l’oggetto era di magnitudine +18,5 quindi relativamente brillante e facile da riprendere anche con telescopi amatoriali. Questa scoperta è stata effettuata da ATLAS perché l’oggetto si trovava in prossimità del piano galattico ossia in piena Via Lattea in una zona molto affollata di stelle della costellazione del Sagittario, una regione tipicamente evitata dalle survey più prolifiche per la scoperta di nuovi asteroidi near-Earth, come Pan-STARRS e Catalina Sky Survey. Grazie anche a osservazioni fatte quando la cometa era ancora in “incognito” fra le stelle del Sagittario, l’arco orbitale osservato attualmente è lungo 20 giorni per un totale di 319 osservazioni astrometriche. L’orbita eliocentrica è marcatamente iperbolica, con eccentricità e=6,1 un valore superiore sia a quello di ‘Oumuamua (e=1,2), sia a quello della Borisov (e=3,4). Anche la velocità all’infinito della ATLAS è più elevata dei precedenti CMI, infatti arriva a ben 58 km/s. In questo momento la ATLAS mostra una chioma percepibile al telescopio e si trova a circa 500 milioni di km dalla Terra. La minima distanza eliocentrica di 1,35 au verrà raggiunta il 29 ottobre 2025, dopo il quale la cometa tornerà verso lo spazio interstellare dirigendosi verso la costellazione dei Gemelli. La minima distanza dalla Terra verrà invece raggiunta il 19 dicembre 2025, con la cometa già in allontanamento visibile all’alba nella costellazione del Leone. Le dimensioni del nucleo della ATLAS sono incerte perché non è “nudo”, ma avvolto dai gas della chioma. Se fosse un asteroide, con le caratteristiche attuali della magnitudine assoluta che vale +12, avrebbe un diametro di circa 10 km, ma questo è solo un limite superiore. La curva di luce della ATLAS appare piatta, un risultato che non sorprende se si pensa che il nucleo è inglobato all’interno della chioma che ne attenua la variazione di luminosità dovuto alla rotazione attorno al proprio asse. In ogni caso ci sono ancora diversi mesi a disposizione per caratterizzare questa cometa dal punto di vista fisico mentre attraversa il Sistema Solare e vedere così quanto le sue proprietà siano simili – o diverse – dalle “nostre” comete.
