Questi primi mesi del 2024 sono ricchi di impatti di grossi meteoroidi per l’Europa. Dopo la caduta del piccolo asteroide 2024 BX1 avvenuta in Germania il 21 gennaio alle 00:33 UTC, ora è stata la volta di Spagna e Portogallo assistere a un evento di caduta. In questo caso però il meteoroide non è stato scoperto poche ore prima dell’impatto come è successo per il piccolo asteroide near-Earth 2024 BX1 e per i sette precedenti, ma è stato “scoperto” quando già era in fase di fireball in atmosfera.
I fatti. Alle 22:46:50 UTC del 18 maggio 2024 i satelliti militari di sorveglianza USA hanno rilevato un’esplosione in atmosfera alle coordinate +41.0° N e 8.8° W. Questo punto si trova nell’Oceano Atlantico, 25 km a sud-ovest della città portoghese di Porto. In effetti diversi video raccolti dall’IMO e pubblicati sui social, mostrano il fireball, di colore verdastro, mentre cade verso terra con riprese fatte da Spagna e Portogallo. La luminosità dell’oggetto era talmente elevata da riuscire a illuminare a giorno il paesaggio (quindi la magnitudine assoluta è sicuramente inferiore a -12.5 quella apparente della Luna piena) inoltre, dopo la scomparsa del fireball, è rimasta una scia persistente per diversi secondi indicativo di un fenomeno d’alta quota.
Secondo i dati diffusi dal CNEOS della NASA, il fireball è caduto verso il suolo alla velocità di 40.4 km/s, disintegrandosi ad una altezza di circa 75.3 km. Complessivamente, il fireball ha rilasciando in atmosfera un’energia totale di 0.13 kt (1 kt = 4.184 TJoule), circa 3000 volte inferiore a quella dell’evento di Chelyabinsk, del 15 febbraio 2013. Equiparando l’energia totale emessa nell’esplosione all’energia cinetica posseduta dal meteoroide, quest’ultimo doveva avere una dimensione dell’ordine del metro di diametro.
Elaborando i dati del vettore velocità fornito dai satelliti militari V = [Vx, Vy, Vz] = [-26.5, -24.1, 18.7] km/s (da non prendere per oro colato perché potrebbero essere valori mal determinati), usando il metodo già impiegato per il fireball cinese del 22 dicembre 2020, si trova che il fireball è arrivato dall’azimut 136.0° (in pratica si muoveva da sud-est verso nord-ovest), su una traiettoria inclinata di soli 6.7° sulla superficie terrestre, quindi molto radente: questo spiega la lunga durata del fireball mostrata nei video. Il radiante vero cade alle coordinate equatoriali RA = 261.7° ± 1°, Dec = -29.4° ± 1° (J2000), un punto che si trova fra le costellazioni dello Scorpione e del Serpente. Considerate le grandi dimensioni e l’elevata quota di disintegrazione, la velocità di 40.4 km/s deve coincidere abbastanza bene con quella che il meteoroide aveva fuori atmosfera e si può utilizzare direttamente – insieme al valore della distanza della Terra dal Sole – per stimare l’orbita eliocentrica percorsa dal meteoroide, ovviamente correggendo per la gravità e la rotazione terrestre.
Il risultato è che la velocità geocentrica del meteoroide risulta elevata, quasi 39 ± 1 km/s, e l’orbita eliocentrica nominale è molto allungata con un semiasse maggiore di 2.4 ± 0.5 au, un periodo orbitale di 4 ± 1 anni, un’eccentricità di 0.95 ± 0.01 e un’inclinazione di ben 17° ± 3° sul piano dell’eclittica. Il perielio di quest’orbita cade a 0.12 au dal Sole ossia all’interno dell’orbita di Mercurio, mentre l’afelio arriva a 4.8 au, praticamente all’altezza dell’orbita di Giove. Considerando l’invariante di Tisserand TJ rispetto a Giove e considerando tutte le possibili orbite compatibili con i dati e le ragionevoli incertezze di osservazione, risulta che TJ < 3 nel 90% dei casi, mentre solo nell’altro 10% TJ > 3. Il primo caso corrisponde a un’orbita di natura cometaria, il secondo a un’orbita di tipo asteroidale.
In sostanza, il fireball è stato provocato dalla caduta di una piccola cometa near-Earth, probabilmente appartenente alla famiglia di Giove che, date le piccole dimensioni, si è completamente disintegrata in atmosfera senza conseguenze. Purtroppo, è davvero improbabile che qualche frammento sia arrivato al suolo – peccato perché non sono note meteoriti di sicura origine cometaria – ma anche nel caso sarebbe impossibile recuperarle perché sarebbero finite in pieno Oceano Atlantico.